L’epatosteatosi viene attualmente distinta in alcolica e non alcolica, in riferimento alle cause che l’hanno determinata.
Nella società moderna la steatosi epatica non alcolica presumibilmente rappresenta la forma più comune e frequente di epatopatia: si calcola che circa il 20% della popolazione adulta ne sia affetta e la prevalenza è decisamente maggiore nelle persone che si trovano in una condizione di sovrappeso e obesità.
La steatosi epatica non alcolica può avere un decorso progressivo verso una fase infiammatoria del fegato definita steatoepatite non alcolica (NASH acronimo di Non-Alcoholic SteatoHepatitis): in questo caso diventa una condizione patologica estremamente preoccupante poiché può evolvere verso quadri clinici gravi che nel tempo possono favorire l’insorgere di una insufficienza epatica che nelle fasi iniziali generalmente è asintomatica.
Si sospetta una steatosi epatica quando si rilevano delle alterazioni di alcuni parametri ematici, come un aumento delle transaminasi (GOT, ma soprattutto GPT), della Gamma-GT ed eventualmente della fosfatasi alcalina, unitamente a dei valori di trigliceridemia alti e di colesterolo HDL basso.
Nonostante a tutt’oggi i fattori eziologici non siano del tutto chiari, si ritiene che le cause alla base di questa patologia siano principalmente l’iperglicemia e l’insulino-resistenza, unitamente a tutti quegli elementi che caratterizzano la sindrome metabolica: obesità addominale (circonferenza vita >102 cm per gli uomini e >88 cm per le donne), dislipidemie, ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia e bassi valori di colesterolo HDL.
L’epatosteatosi può, inoltre, svilupparsi nei seguenti casi:
Attualmente, per intervenire in una steatosi epatica si consiglia di modificare tutti quei fattori di rischio appena enunciati in particolare migliorando il proprio stile di vita.
Quando la steatosi epatica è accompagnata da sovrappeso è fortemente consigliata una costante attività fisica di tipo aerobico: questo è uno dei principali approcci terapeutici di documentata efficacia insieme alla restrizione calorica e alla graduale riduzione del peso. Tale strategia terapeutica deve portare ad un graduale calo ponderale che non superi 1 kg/settimana; il dimagrimento, infatti, è spesso consigliato nel paziente con epatosteatosi, ma non deve essere repentino per non provocare gravi squilibri metabolici che potrebbero anche portare ad un peggioramento di una “steatosi semplice”.
Dal punto di vista dietoterapico, si consiglia un regime alimentare equilibrato, con un giusto frazionamento dei pasti per controllare meglio il senso di fame e ridurre i picchi glicemici; si consiglia, inoltre, di minimizzare l’assunzione di grassi saturi e zuccheri semplici a rapido assorbimento, mentre è fortemente consigliato l’introito di verdure e frutta (ad esclusione di quella troppo zuccherina). Sono sconsigliati il tabagismo (che potrebbe aggravare il rischio cardiovascolare spesso associato all’epatosteatosi) e l’assunzione di bevande alcoliche, anche in quantità moderate. Si consiglia di assumere alimenti che possano aiutare una depurazione del fegato, come quelli con capacità antiossidanti e ricchi di acido ascorbico, polifenoli, silimarina, cinarina, elementi contenuti nell’olio extravergine di oliva crudo, the verde, cardo mariano, agrumi, carciofo, frutta e verdura molto colorate e vegetali della famiglia delle Brassicacee come Cavolo, Cavolini di Bruxelles, Cavolfiore, Broccolo romano, Broccoletti siciliani, Cime di rapa e Cavolo nero.
Si consiglia, inoltre, una regolare attività fisica aerobica che possa aiutare a controllare i picchi glicemici, a smaltire l’eventuale eccesso di sostanze energetiche introdotte con la dieta ed a contribuire ad un graduale calo di peso.